Nata Gioacchino Stajano Starace, conte Briganti di Panico, era la nipote del gerarca fascista Achille Starace. Ha raccontato che, bambina, il nonno la diede in braccio a Benito Mussolini e in quell’occasione fece pipì addosso al duce.

A 12 anni, alla caduta del fascismo, i genitori si separarono; Gioacchino frequenta il collegio dei Gesuiti di Mondragone. Terminato il liceo, si trasferisce a Firenze, dove frequenta l’Accademia d’arte.

Successivamente si trasferisce a Roma e segue alcuni corsi della Facoltà di Architettura. Nel 1956, durante l’edizione annuale della Fiera d’Arte di via Margutta a Roma, Stajano espone i suoi quadri, ottenendo un discreto successo di pubblico. In seguito conosce De Chirico, Guttuso, Moravia, diventa amica di Novella Parigini e inizia a frequentare gli ambienti che poi Fellini racconterà ne La dolce vita.

Nel 1959 pubblica Roma capovolta, un testo autobiografico, che racconta le sue folli scorribande nell’alta società romana e contemporaneamente descrive la realtà omosessuale nell’Italia dell’epoca.

Successivamente continua la sua produzione letteraria che potete visionare qui: I libri di Giò Stajano.

Giò diventa una dei protagonisti della dolce vita romana

Apre un locale, ispira Fellini facendo il bagno nella fontana di Piazza di Spagna prima che Anita Ekberg lo facesse nella fontana di Trevi e ottiene una parte nel film La dolce vita (che però, a causa di un litigio con il regista, non fu inserita nella edizione del film per le sale, ma fu poi aggiunta nelle edizioni successivamente restaurate per le TV e per le videocassette/DVD).

Oltre che con Fellini, lavora con Steno, Dino Risi, Riccardo Freda. Tra il 1958 e il 1961 Stajano collaborò con il settimanale scandalistico Lo Specchio. Nel 1961, convocata e interrogata dalla magistratura nell’ambito dello scandalo dei “balletti verdi”, per protesta si presentò in pretura vestita da donna a lutto, sferruzzando un gomitolo di lana nera.

Sul finire degli anni sessanta divenne collaboratrice del settimanale di costume e attualità, nonché erotismo, Men nel quale rispondeva con un tono fra il bizzarro e il sibillino alle lettere dei lettori omosessuali nella rubrica Il salotto di Oscar Wilde: questa rubrica fu in assoluto il primo (e per molti anni, l’unico) spazio rivolto ad un pubblico gay nell’editoria italiana.

Nel 1971 Stajano divenne anche il direttore del periodico. Nel corso degli anni ottanta prese parte ad alcuni fotoromanzi pornografici per la collana Supersex.

La transizione

Nel 1983 Stajano ritorna alla ribalta sottoponendosi all’operazione di riattribuzione chirurgica del sesso a Casablanca, prendendo il nome di Maria Gioacchina. Dopo il cambiamento di sesso rilascia la sua prima intervista al giornalista Francesco D. Caridi de Il Borghese, settimanale per il quale Giò Stajano aveva scritto degli articoli di mondanità firmati con lo pseudonimo di “Pantera Rosa” prendendo di mira soprattutto l’aristocrazia romana.

Nel 1992 pubblicherà infine la sua autobiografia, intitolandola La mia vita scandalosa, divenendo così l’unica scrittrice italiana ad aver pubblicato testi prima e dopo il cambio di sesso.

Gli ultimi anni di Giò

Negli ultimi anni, la sua ricerca interiore la porta al riavvicinamento alla religione cattolica: dichiara alla stampa (con grande battage pubblicitario) di voler entrare in un monastero femminile, ma di non poterlo fare unicamente a causa del suo cambio di sesso (non riconosciuto come legittimo dalla Chiesa cattolica).

Infine trova accoglienza presso le monache di Betania del Sacro Cuore, presso Vische, in qualità di suora laica.

Giò ci ha lasciati il 26 luglio 2011 all’età di 79 anni e si trova ora nella cappella di famiglia a Sannicola.